Recentemente ho portato a termine questo progetto sulla mia terra, la Sicilia, utilizzando gli elementi naturali (conchiglie, legni, pietre) come strumenti artistici per creare dieci opere astratte in gesso e sabbia.
La domanda che mi sono fatto è stata proprio: come posso raccontare qualcosa della mia terra attraverso qualcosa che faccia parte di lei ma al tempo stesso sia semplice?
I suoi elementi naturali erano perfetti. Ciascun elemento porta con se una storia e grazie a quelle storie potevo far arrivare qualcosa sull’isola anche a chi l’isola non la conosce.
Quello che voglio raccontarti qui non è solo il processo creativo che mi ha portato a realizzare queste dieci opere ma l’importanza delle tante prove fatte e poi scartate.
Proprio grazie a quei fallimenti ho imparato qualcosa di nuovo.
Tutto è cominciato con un moodboard; un quadro d’insieme dove associo foto reali di riferimento e scrivo le idee che mi vengono in mente.
Come vedi è una sorta di lavagna dove metto su tutti i pensieri e le immagini, in modo da vederli a colpo d’occhio e creare connessioni nuove.
Spoiler: questo di creare nuove associazioni partendo da qualcosa di già noto è uno dei principi di base della creatività.
Sono partito studiando le texture, i motivi grafici, gli elementi e le varie superfici naturali che sono presenti in natura e che ho sempre visto attorno a me (l’ultimo viaggio alle isole Eolie ad esempio è stato un grande stimolo a questo progetto). Poi ho scelto il materiale che meglio potesse esprimere quello che immaginavo: mi serviva qualcosa di molto semplice, economico e che fosse facile da lavorare.
Il gesso e la sabbia hanno fatto al caso mio.
Per creare quell’effetto pietra che mi ricordasse le superfici della mia isola il gesso e la sabbia erano perfetti. Ho scelto volutamente dei materiali “poveri” per far sì che il valore estetico dell’opera fosse dato esclusivamente dal modo in cui è stata creata e dallo strumento utilizzato.
La semplicità è uno dei temi chiave che porto in tutto il mio lavoro (ora più che mai ne abbiamo davvero bisogno).
Ma come ti dicevo prima, per arrivare alle dieci opere finali ho dovuto fare davvero tante, tante prove…
Ho sperimentato il modo di trattare il materiale; da come il gesso reagiva ai colori a come trattare la superficie. Ho provato e riprovato cercando di conoscerlo nel modo migliore, in modo da riuscire a farlo mio e controllarlo per il risultato che immaginavo. |
Sono due le cose che vorrei passarti da tutto questo.
La prima riguarda l’accettare l’errore e l’imperfezione.
Apprezzare anche e soprattutto il momento stesso in cui le realizzavo è stata la parte più bella. Provare, sporcarsi le mani, creare nuove forme. Non sapevo se sarebbe venuto fuori qualcosa di valido o no ma non mi importava perché stavo realizzando qualcosa che avevo dentro e già solo questo è stato qualcosa che mi faceva stare bene.
Il secondo concetto che ti invito a rivalutare è quello di fallimento.
In questo progetto per esempio, sono stati più i risultati scarti che quelli finali. Il punto è che proprio grazie a quelle prove scartate ho imparato un nuovo mezzo di espressione.
C'è una frase di Edison che mi ispira molto. Prima di arrivare ad una lampadina funzionante aveva fatto ben 10.000 prove andate male. Disse questa frase:
"Non ho fallito. Ho appena trovato 10.000 modi che non funzionano."
Accettare l’imperfezione e sperimentare nuove possibilità sono due dei concetti che troverai spesso in queste newsletter e che vorrei facessi tuoi perché ti porteranno davvero molti benefici nel modo in cui affronterai le situazioni.
Ma torneremo su questo!